Esiste qualche #venditore sulla terra che possa dire di non avere trattative “impantanate” o di non aver mai avuto una pipeline di vendita stagnante?
Probabilmente no. In caso contrario, potremmo pensare a due possibili situazioni:
Tutti gli altri commerciali navigano sulla stessa barca: hanno alcune trattative bloccate o stagnanti. Secondo alcuni studi, circa il 55% dei #venditori non raggiunge i propri obiettivi annuali.
Ovviamente non esiste una sola causa, ma possiamo accorparle genericamente nel termine “colli di bottiglia” del processo di trattativa.
Si tratta di passaggi previsti all’interno del metodo di trattativa che non vengono sviluppati adeguatamente, oppure che non vengono previsti affatto.
Si potrebbe sintetizzare che in realtà non esistono trattative difficili ma piuttosto trattative sviluppate con difficoltà, a causa di imperfezioni o disattenzioni da parte dei venditori.
Identificare questi “colli di bottiglia” nel processo può aiutare a formare meglio i venditori nei passaggi in cui stanno faticando.
Il detto popolare noto a tutti è “chi parte bene è a metà dell’opera.” Saggezza questa mai superata dal tempo ma poco applicata in molti casi.
Tutti i venditori con i quali ho avuto la fortuna di interagire professionalmente in tanti anni di aula, coaching e consulenza, mi hanno sempre confermato di essere consapevoli del fatto che il primo impatto con il cliente sia fondamentale.
Non sempre però ho riscontrato altrettanta cura nell’applicazione di questo concetto fondamentale.
Più facilmente infatti, ci si concentra maggiormente su altri aspetti come la presentazione autoreferenziale della propria azienda, oppure sulla strutturazione dell’offerta (ed ecco uno dei principali motivi di una pipeline di vendita stagnante: la mancanza di giudizio e sensibilità commerciale)
Il primo contatto diventa così una sorta di semplice partenza dell’attività di trattativa, fatto in un modo e nell’altro, senza particolari attenzioni.
La differenza tra un campione e un buon giocatore sta nella cura dei particolari. Chi ha seguito i miei incontri nel corso degli anni, mi ha sentito ripetere questo “mantra” decine di volte.
Tutti siamo in grado di occuparci delle macro operazioni, ma le finezze le curano in pochi. Oggi la differenza la fanno proprio queste finezze.
Buongiorno. E poi….? Beh, rompiamo il ghiaccio parlando del meteo, del traffico ecc.
Certo, il cliente è venuto per questo!
Ah, giusto! Non è venuto per questo e allora gli spiego tutto così è più informato di prima.
Ed è quello che capita in tantissimi contesti di trattativa.
NO! non è venuto per una lezione.
Ma allora? Per cosa è venuto?
È venuto per capire se c’è qualcuno in grado di accompagnarlo e risolvere la sua situazione.
Per questo si aspetta di trovare qualcuno diverso da un ripetitore di un disco vendita, ormai troppo scontato e fuori luogo oggi.
La soluzione è duplice:
Concentrarsi sulla persona è un tema di grande respiro che incrocia molti meccanismi di scambio tra le persone. Un’arte da sviluppare sulla quale ci sarà modo di scrivere in altre occasioni.
In questa occasione invece voglio concentrare l’attenzione sull’attività di discovery.
Letteralmente discovery significa “scoperta”. Il termine ricorda dunque di non dare mai nulla per scontato, ma cercare sempre di scoprire qualcosa, di essere costruttivamente curiosi. Ma scoprire cosa?
Nelle vendite, un incontro di scoperta è un incontro iniziale con un potenziale cliente, un momento particolare in cui vengono poste domande strutturate per comprendere le esigenze, le aspettative, i desideri, i punti di forza e i punti deboli propri di un certo individuo, o della sua attività professionale.
In estrema sintesi, l’obiettivo è sostanzialmente quello di capire quale soluzione, e come, può soddisfare quella specifica persona nel modo più efficace.
Inoltre, è altrettanto importante condurre lo scambio in modo da rendere chiaramente percepibile il fatto di essere in grado di realizzarla, una volta individuata insieme.
Questa attività di scoperta non inizia con la telefonata al potenziale cliente o #lead da acquisire.
Inizia molto prima. Quando? Inizia sviluppando tre attività:
Scontato? Non sempre per tutti. Infatti, in molti casi, la ricerca non è orientata in maniera sufficientemente chiara, mentre in altri vengono trascurate almeno due di queste attività: il piano di lavoro e l’agenda.
Ogni mancanza comporta ovviamente un abbassamento del livello quantitativo e qualitativo del risultato atteso.
Ma nel caso dell’assenza di un’agenda l’effetto negativo ha una implicazione importante e difficilmente sanabile in seguito: se non c’è un’agenda, la percezione del potenziale cliente è quella di una mancanza di attenzione nei suoi confronti, oltre ad un’assenza di pianificazione.
Tradotto: una perdita di tempo.
Quale persona si sentirebbe a proprio agio all’inizio di un’attività percependola come una perdita di tempo? Sarebbe disponibile a proseguire? Sarebbe orientata positivamente allo scambio con il venditore?
L’agenda del meeting è la chiave per condurre un incontro formale efficace (e sicuramente fa parte del processo di risoluzione della pipeline di vendita stagnante).
Si tratta di impegnarsi a strutturare l’incontro in anticipo, scrivendo la traccia delle attività che si vogliono sviluppare.
Consente all’interlocutore di cogliere la dinamica e gli obiettivi dell’incontro, oltre ad ottimizzare il tempo, rendendo così più probabile che il risultato finale sia un successo.
Per un venditore la pratica di creare un’agenda per ogni incontro, consente di pensare e articolare chiaramente ciò che vuole ottenere quella specifica riunione, e come portare il potenziale cliente alla fase successiva del processo di vendita.
Osservando un venditore di qualità, si nota che c’è qualcosa di così positivo ed energizzante nel dare il via a un incontro commerciale. Ha la capacità di avere quella porta aperta che ogni professionista commerciale desidera ardentemente.
Ma quel brivido può essere facilmente rovesciato e diventare un incubo. Con una mossa sbagliata, si può partire con il piede sbagliato e mettere a repentaglio l’intero processo di vendita.
Una negoziazione non è qualcosa che si può relegare al campo dell’arte innata, dell’intuizione e della fantasia, ma deve essere il terreno di applicazione di una scienza.
Come si comportano allora i migliori venditori? Sanno che improvvisare è un percorso certo verso il fallimento. Cosa fanno invece? Lo preparano. Ci pensano bene. Pianificano cosa faranno e lo dicono in anticipo.
Ci possono essere modi diversi di organizzare l’agenda del meeting.
Solo per offrire uno spunto pratico i punti potrebbero essere i seguenti:
L’agenda deve essere inclusa all’interno dell’invito in calendario digitale (Google Meet, Zoom invite, Team link ecc) e deve essere presentata in apertura di incontro, in modo che i temi siano chiari a tutti i partecipanti, siano essi in presenza o da remoto.
Il problema della pipeline di vendita stagnante è ancora lì, all’interno del CRM e all’esterno, là dove i commerciali del team di vendita sono bloccati. Procediamo quindi e capiamo una cosa in più.
È fondamentale iniziare una negoziazione partendo da ciò che interessa al cliente, dai suoi desideri e dai suoi personali obiettivi.
Se il professionista pensa – agisce – parla partendo dal proprio interesse, non sarà possibile generare fiducia e il potenziale cliente si allontanerà.
Per impattare sulla trattativa in modo costruttivo è necessario acquisire prima una forma mentale che orienti il venditore ad abbracciare e risolvere quello che per il cliente è importante in termini di valore.
Per questa ragione è fondamentale costruire la trattativa sulla base di passaggi capaci di rispettare le dinamiche di rapporto e decisionali del potenziale cliente.
Ci sono almeno a 5 componenti principali da rispettare:
Qualche lettore probabilmente a questo punto potrà essere stato colto da bias cognitivo del “non è stato inventato adesso”, conosciuto anche come “si sa che”, sottolineando così il fatto di conoscere già questi meccanismi oppure la traccia di negoziazione indicata.
L’invito è a riflettere attentamente sul fatto che in qualche caso il nostro cervello ci inganna pensando di avere sempre saputo ciò che ha appena letto, ma soprattutto sulla differenza tra ciò che conosce (o crede) e ciò che realmente applica.
Infine, ma non ultimo per importanza, è diverso ancora dal come si applica qualcosa di conosciuto.
In buona sostanza ciò di cui stiamo parlando merita di essere approfondito e compreso in modo molto attento.
Si potrebbe riassumere in una parola: controllo. Avere il controllo dell’incontro invia i seguenti messaggi ai tuoi potenziali clienti:
Quando un potenziale cliente cerca di prendere il controllo, spesso significa che non vuole fare brutta figura, o che non è sicuro che il venditore abbia il controllo di quello che sta facendo.
La negoziazione non è una guerra tra il professionista e il potenziale cliente, ma un incontro tra competenze da una lato e desideri dall’altro.
La struttura di trattativa ha l’obiettivo di determinare un processo progressivo che consenta alle parti di acquisire impegni crescenti.
Nel processo di scoperta è fondamentale non commettere l’errore (abbastanza comune) di dare per scontato che il cliente abbia la chiara percezione di una situazione dissonante e soprattutto che ne sia consapevole tanto da muoversi al cambiamento e per questo procedere all’acquisto.
La conferma del fatto che il diretto interessato non sempre ha una chiara consapevolezza sia della situazione che delle opportunità, è data dal fatto che se così fosse avrebbe già effettuato un acquisto.
Il primo appuntamento deve esplorare queste dissonanze e comprendere il peso.
Per lavorare con un potenziale cliente è necessario creare il suo consenso sull’intero progetto anziché convincerlo. Il cliente diventa in questo modo un soggetto profondamente coinvolto e collaborativo.
Significa accordarsi chiaramente rispetto ad una precisa direzione da intraprendere e perseguire e questo perché è fondamentale coinvolgere attivamente le persone nei processi di scelta.
In una discovery qualitativa il punto centrale è sicuramente la capacità di costruire le domande in modo articolato, e di utilizzarle in modo efficace.
L’elemento chiave è porre domande sincere e approfondite oltre che aperte.
Il venditore non dovrebbe cadere nella trappola di cercare di guidare, anche inconsciamente, il potenziale cliente ad essere d’accordo con lui.
Quello che dovrebbe emergere chiaramente al contrario, è che in realtà si sta cercando di capire i suoi obiettivi.
L’arte di porre domande approfondite è complessa, ma vorrei sottolineare due cose.
Primo, non stai facendo domande solo per arrivare alle conclusioni che desideri. Stai lavorando con il potenziale cliente per capire chi è e di cosa ha bisogno.
Ciò significa ascoltare le risposte. Non fare solo domande importanti. Poni anche domande che provochino una profonda riflessione nel potenziale cliente.
Secondo, inizia con il ruolo, finisci con l’obiettivo. In altre parole, inizia ponendo domande generali sul tuo potenziale cliente e chiarisci la tua utilità potenziale.
Questo approccio è, secondo il modello di Otomo, il principale da seguire per risolvere il problema di una pipeline di vendita stagnante e sviluppare in modo strutturato un processo commerciale in grado di garantire risultati sostenibili e duraturi.