Blended Learning: mischiare canali o architettare flussi?
Spesso si tende a semplificare il concetto di "Blended Learning" riducendolo a una somma algebrica: un po' di aula fisica più qualche video online. La percezione comune è che sia una strategia di compromesso, utile forse per tagliare i costi della formazione in presenza o per "modernizzare" l'offerta.
In Otomo osserviamo questo approccio da tempo e ci chiediamo se non sia una visione limitante. L'errore che vediamo commettere frequentemente è trattare l'online e l'offline come due compartimenti stagni che competono per l'attenzione dell'utente. C'è il momento in cui "si lavora" e il momento in cui "si studia".
Forse, la vera sfida non è "mischiare" i formati, ma progettare un'architettura dove la tecnologia e l'umano si passano il testimone senza attriti. Non è una questione di contenuti, ma di Knowledge Architecture.
Ecco come stiamo provando a ridisegnare questo ecosistema, spostando il baricentro dal "corso" al "flusso".
1. L'aula serve solo per l'eccezione
C'è una tendenza a usare ancora i momenti di incontro (fisici o live) per il trasferimento massivo di nozioni tecniche. Riteniamo che questo sia un dispendio di risorse enorme. L'aula è costosa, lenta e non scalabile.
La nostra visione è che l'informazione procedurale ("come si fa") debba risiedere principalmente nell'infrastruttura digitale, accessibile on-demand.
L'incontro umano acquista valore quando è dedicato a ciò che il digitale non può fare: gestire il dubbio politico, la strategia complessa, l'eccezione alla regola. L'aula non serve a imparare, serve a confrontarsi su ciò che si è imparato.
2. Il digitale diventa attivo (agenti AI)
Fino a ieri, la parte digitale del "blended" era passiva: l'utente guardava un video e rispondeva a un quiz. Oggi, con l'integrazione di agenti video AI, vediamo la possibilità di rendere la fase asincrona puramente attiva.
Non si tratta più di guardare un video sulla "gestione delle obiezioni". Si tratta di simulare lo scenario con un avatar AI all'interno della piattaforma, in un ambiente protetto. Puoi pensare all'allenamento nella gestione delle obiezioni, alla preparazione di un importante incontro di presentazione commerciale.
In questo modo, quando il professionista arriva al momento di confronto umano, la competenza tecnica è già stata validata e l'insicurezza di base superata.
3. Il vero salto: dal learning di strumento al learning di processo (CRM)
Qui si apre il capitolo più critico, dove l'architettura fa la differenza. Spesso notiamo una distinzione netta nelle aziende: da una parte c'è il CRM (dove si lavora), dall'altra l'LMS (dove si impara). Questa separazione crea una "frizione cognitiva": per imparare devo smettere di lavorare.
La nostra ipotesi è diversa: e se il CRM stesso diventasse il tutor?
È fondamentale distinguere due livelli di formazione, spesso confusi:
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Learning di strumento: imparare a usare Salesforce o HubSpot (come creare un contatto, come spostare un deal). Per questo, le Academy ufficiali dei vendor sono già perfette.
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Learning di processo: imparare cosa vendere e come venderlo secondo le regole dell'azienda.
In Otomo integriamo piattaforme direttamente nel CRM per coprire questo secondo livello. Non insegniamo al venditore "dove cliccare", ma gli forniamo il Playbook aziendale, le argomentazioni competitive e le strategie di pricing proprietarie.
4. I Workflow come distributori di conoscenza ("Just-in-Time")
La potenza di questa architettura risiede nell'automazione dei flussi (Workflow). Il contenuto formativo non deve essere cercato in una libreria polverosa; deve apparire da solo.
Possiamo configurare i trigger del CRM per erogare formazione contestuale:
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Scenario di onboarding: un nuovo assunto apre la sua prima opportunità. Il sistema riconosce che è un "Junior" e attiva un percorso guidato che spiega non solo il software, ma la filosofia di vendita aziendale per quella specifica fase.
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Scenario di pipeline: il venditore sposta un Deal nella fase "Negoziazione". Il Workflow rileva il cambio di stato e sblocca automaticamente nel pannello laterale una micro-pillola o una "Battle Card" su come difendere la marginalità o come gestire l'ufficio acquisti.
In questo modo, la formazione diventa munizione. Non è un'interruzione del lavoro, ma uno strumento che aumenta le probabilità di chiudere quel contratto specifico, in quel momento specifico.
In Otomo crediamo che la formazione più efficace sia quella invisibile: quella che non sembra "studio", ma semplice supporto operativo potenziato mentre si lavora.
